I Cults debuttano con il loro album omonimo

Pubblicato: 9 agosto 2011 da gabrielesenzabavaglio in musica e cinema
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( di Ofelia Colaci ) A presentare l’album è “Abducted” che oltre ad esserne il primo estratto, racchiude nel titolo la spiegazione di ciò che accade asoltandoli per la prima volta. Si viene subito rapiti dal ritmo semplice ed essenziale, dalla voce calda e sottile della cantante Madeline Follin, dall’alternarsi delle due voci, come se si stesse leggendo un libro da due differenti prospettive. Nessun virtuosismo tecnico, tutto ha una struttura semplice, persino i testi, ma, proprio questa semplicità, crea un ambiente che ricorda quello di un fil noir,  “You Know What I Mean” , “Most Wanted” e”Rave On” sono delle vere e proprie ballate anni ’50. L’intero album segue questa scia, la voce rompe quei tempi che spesso diventano ripetitivi, “Go Outside” , “Oh My God” e “Never Heal Myself” si distanziano più dal resto, tornando su quelle sonorità che “Abducted” aveva preannunciato . Nessun particolare arrangiamento, solo una voce che spesso si riempe di malinconia, caricandosi di un particolare fascino, come in “Bumper”, in cui ritorna a cantare Brian Oblivion, chitarrista e batterista. Un album che continua a seguire l’onda dell’indie americano, anche se più melodico e ritmato, all’altezza delle aspettative partorite dai primi due singoli, sicuramente la lunga lista delle tracce porta alla ripetitività, ma nel complesso resta un disco dal piacevole ascolto.

Ritornano i Fleet Foxes con ” Helplessness Blues “

Pubblicato: 23 Maggio 2011 da gabrielesenzabavaglio in Senza categoria
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(di Ofelia Colaci) Dopo tre anni dal loro omonimo album d’esordio tornano i Fleet Foxes con “Helplessness Blues” firmato Sub Pop Records. Un album dalle grandi aspettative che non lascia l’amaro in bocca; come nel precedente, si conserva quel tono di ovattata calma riecheggiata dal timbro vocale del gruppo, che intona cori quasi celestiali. “Montezuma”  apre il tutto, è la dimostrazione di fedeltà al primo album, la sensazione è quella di essere lentamente trasportati in un lontano Eden, ritmi impregnati di una vena folk, perfettamente in sintonia con la prima voce che rievoca atmosfere blues, sembra quasi di riascoltare un lavoro vecchio stampo, brani come ” The Plains / Bitter Dancer ” e “Bedouin Dress ” sembrano un mix fra Simon & Gurfunkel e Bob Dylan ma,  il piacere nell’ascoltare un album dei Fleet Foxes sta nel riconoscere quello sprazzo di invettiva che si palesa in pezzi come ” Helplessness Blues ” e ” Grown Ocean ” . Una dopo l’altra le tracce sorreggono la spina dorsale del sestetto, cambiano leggermente i toni in ” The Shrine ” dove la voce si fa quasi straziante e liberatoria, proprio come un vero e proprio “Helplessness Blues”. Un album composto da 12 brani che  non lascia indifferenti chi li ascolta, un suono pulito ed essenziale in grado di scalfire chiunque.

Dal sito www.sosrinnovabili.it vi trasmettiamo il comunicato stampa che ha fatto seguito all’evento del 10 marzo per protestare contro il decreto legisaltivo “Romani/Enel rimuovi-rinnovabili” firmato in data 7 marzo 2011 dal Presidente della Repubblica che segna la fine delle energie rinnovabili in Italia, lasciando centinaia di migliaia di persone senza lavoro!!


22 MILA SPETTATORI SUL WEB, 2MILA AL TEATRO QUIRINO DI ROMA

50MILA E-MAIL DI PROTESTA SU WWW.SOSRINNOVABILI.IT

GRANDE SUCCESSO DELLA MANIFESTAZIONE DEL POPOLO DELLE RINNOVABILI

MA ALL’INCONTRO COL MINISTRO ROMANI LE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA NON SONO CONVOCATE

Duemila persone, molte costrette a rimanere fuori per il tutto esaurito, all’incontro nel Teatro Quirino a

Roma, promoss da sosrinnovabili.it. Oltre 22mila spettatori unici alla diretta in streaming sulle 450 micro

web tv del network AltraTv.tv. Decine di testimonianze raccolte via skype da tutt’Italia. Quasi 60mila

contatti registrati in quattro giorni su http://www.sosrinnovabili.it, 45mila e-mail di protesta raccolte e inviate al

governo. Ottomila sostenitori su facebook. Oggi il popolo delle rinnovabili – lavoratori, privati cittadini,

imprese – ha detto no al decreto Romani. E lo ha fatto anche con un sondaggio, sempre su sosrinnovabili.it,

in cui, tra 13 proposte, le più gettonate sono state l’invito ad “adire a tutte le vie legali per fare decadere

questo decreto incostituzionale (Tar, Corte Costituzionale, Corte di Giustizia Europea)” e quello ad aviare

una class action.

Dal palco con i rappresentanti delle associazioni di categoria, dalla platea e nei collegamenti via web, sono

state avanzate richieste nette al governo: riaprire il confronto, niente azioni retroattive, piuttosto interventi

sostenibili che non affondino il settore. In tantissimo hanno denunciato l’incertezza in cui il decreto ha

gettato la filiera, incertezza che sta già chiudendo i rubinetti del credito, e facendo perdere posti di lavoro.

Ripetuto anche l’invito a lasciare Confindustria se l’associazione non cambierà posizione e passo su questi

temi.

Ad ascoltare le richieste di questo popolo delle rinnovabili, varie personalità del mondo politico: il

segretario del Pd Pierluigi Bersani, insieme a Dario Franceschini, ai parlamentari Ermete Realacci, Francesco

Ferrante e Roberto Della Seta (tutti del Pd), Angelo Bonelli dei Verdi e Grazia Francescato di Sel. A non voler

ascoltare è, invece, il governo , visto che nessuna delle associazioni di categoria presente all’incontro è

stata, ad oggi, invitata all’incontro del 15 marzo col ministro Paolo Romani.

Per maggiori informazioni:

Silverback- Greening the Communication

Daniele Di Stefano 328 2937118 – d.distefanosilverback.it

 

Qui il video del servizio delle Iene di Giulio Golia sulle energie rinnovabili e gli effetti del decreto legislativo:

clicca qui per vedere il video

( di Ofelia ColaciUna ventata di aria fresca, ed ecco la risposta a chi afferma che l’innovazione è l’ultima cosa di cui si tiene conto considerando l’attuale panorama musicale, ed è la sub pop da sempre portavoce di generazioni musicali a firmare l’omonimo album di debutto degli Avi Buffalo, rilasciato il 27 aprile 2010, band formata dal diciannovenne  Avidor Zahner Isenberg (voce e chitarra) ideatore dei testi, che adotta come nome d’arte proprio Avi, da Sheridan Riley (batteria), Arin Fazio (basso) e Rebecca Coleman (tastiere e voce), ed è in particolare la loro giovane età a destare attenzione e caratterizzare i brani di  florida espressività.

Il brano “Truth Sets In” apre l’album introducendo da subito toni quasi malinconici, languidi, che sono il nesso conduttore dell’intero lavoro, trutte le tracce sono perfettamente combinate una dopo l’altra lasciando credere a chi ascolta di essersi tuffato nella più totale disinvoltura giovanile nonostante  la ricerca di nuovi suoni, nuove sperimentazioni e accostamenti sia costante e presupponga una grande maturità musicale, che viene poi trasposta in note oltre ogni singola aspettativa in brani quali “What’s in it for” , traccia di difficile ascolto in alcuni momenti, la voce si fa quasi irritante e dissonante dal resto ma resta impossibile non essere trascinati dal ritmo insolito, o ancora ” Remember last time”  brano più melodico e strumentalmente più complesso in cui la psichedelia da sfoggio in quella che sembra l’interminabile parte finale. La loro provenienza californiana è la chiave di lettura di “Coaxed”, “One Last” o “Summer Cum” (titolo che si pone esemplificativo), brani con ritmi molto lenti ed allo stesso tempo portavoce di una spensieratezza che non si lascia turbare da nulla, “Five Little Sluts” è il brano più acerbo in cui la voce sembra non coordinarsi a quel che la avvolge. La tracklist continua con una ballata sessantina “Jessica”  in cui il romanticismo prende il sopravvento e si affianca alla malinconia scandendo bene la lentezza del brano e si conclude con “Can’t I Know” e “Where’s Your Dirty Mind”  caratterizzati da un particolare torpore e da una flemma quasi costretta, cantata con il sorriso di chi nel fare musica ne trae divertimento e, nonstante le melodie possano sembrare immature e banali è incredibile il livello comunicativo che tutti i brani possiedono. Un album che va ascoltato e che si fa padrone della voglia di innovare, maturare e portare qualcosa di proprio nel panorama musicale ormai troppo variegato, per alcuni versi un insieme ben coniugato di nuovo e vecchio e la possibilità per questa band talentuosa di maturare e creare qualcosa di ancora più completo.

(Caterina Sabato) E’  uno dei gruppi più interessanti e originali della scena underground salentina. La loro avventura non è cominciata nemmeno da un decennio ma già stanno riscuotendo numerosi consensi tra il pubblico pugliese e non solo. Sto parlando dei Teenage Riot: Cristiano Metrangolo alla voce e alla chitarra, Stefano Greco al basso e Ilario Surano alla batteria. Dopo una serie di cambiamenti il gruppo ha adesso trovato un vero equilibrio che si manifesta soprattutto nei loro live: una sonora scarica di energia che travolge il pubblico. Grunge, post punk, rock puro … la potenza delle loro canzoni manifesta pienamente la rabbia con la quale si ribellano ad una realtà spesso molto difficile. All’attivo due demo: Scribble (2008) , The Clowns (2009) e l’Ep Songs About… Prossimamente un nuovo album … D’avanti ad un caffè e tra una strimpellata di chitarra e l’altra ho chiaccherato con Cristiano e Stefano di questo e molto altro.

Teenage riot: dal titolo di una canzone dei Sonic Youth. Il vostro nome già dice tanto su di voi, sulle vostre influenze: ma chi sono i Teenage Riot, a chi vi ispirate?

Stefano: Soffermandoci sul nome, oltre ad essere una bella canzone dei Sonic Youth e al messaggio che può esserci dietro il nome, ci piace tutta quella serie di gruppi che ruotano attorno a quell’epoca e a quello stile. Parecchi gruppi degli anni ’80 post-punk ci hanno influenzato.

Cristiano: Il nome Teenage Riot sta anche a significare tutte le rivolte che  nella storia sono state fatte da ragazzi. Saranno sempre i ragazzi che le faranno, perché noi siamo il futuro.

Stefano: Si,è proprio la rivolta che viene dal basso, che in questo periodo sta avvenendo all’estero ma in Italia no!

Negli anni la vostra musica è cambiata insieme ai componenti, l’unico che c’è dall’inizio è Cristiano. Com’è avvenuta questa mutazione?

Cristiano: È un lungo discorso. Diciamo che siamo partiti da un tipo di musica che era quello degli anni ’90, quindi influenzata dal grunge, dall’hard-core americano. Poi la musica si è evoluta, ha cambiato influenze.

Stefano: C’è stato un misto tra l’evoluzione personale dei componenti nel tempo e il fatto che ci sono, appunto, stati nuovi arrivi, nuovi incontri.

Come nascono i vostri pezzi?

Cristiano: Come nascono la maggior parte dei pezzi: a volte da un giro di basso o da un giro di chitarra. Oppure nascono quando siamo in sala prove: facciamo una specie di jam session fra di noi.

E dal punto di vista dei testi, che sono tutti scritti da te?

Cristiano: I testi molto spesso nascono dalla casualità: sono frasi, pensieri, discorsi di qualcuno che mi passa accanto e che mi colpiscono particolarmente. Nascono osservando le cose che accadono intorno a noi e che ci riguardano da vicino. Prendo un po’ tutte queste cose e provo a stenderle nero su bianco. È dalla voglia di urlare e di esprimere una nostra visione generale delle cose che nascono le nostre canzoni. Per noi è un modo di fermarsi e riflettere e perché no, magari anche far riflettere.

Stefano: Testo e musica hanno la stessa importanza, però il testo viene dopo.

La vostra musica è decisamente incisiva, non lascia indifferenti. Sul palco riuscite ad essere catartici, catturate il pubblico. Comunicate rabbiosamente la vostra ribellione ad una società poco stimolante … è una necessità questa che contraddistingue molti artisti, soprattutto giovani come voi. Cosa si attiva in voi quando suonate sul palco queste canzoni?

Stefano: È il massimo di quello che ti può dare la musica secondo me. Se si scrive un pezzo e lo si suona in sala e ci piace ed è bello, live acquista il triplo del valore. Questo perché c’è la risposta da parte del pubblico, c’è un’atmosfera particolare, si lavora al meglio per cercare di rendere benissimo l’intenzione che c’è nel pezzo. Devi stare in equilibrio con chi stai suonando, con gli altri componenti, con il pubblico e con  il pezzo per suonarlo bene.

Cristiano: Sul palco cerchi di estraniarti, di allontanarti da tutto ciò che può darti fastidio. Il pubblico influenza tantissimo l’esibizione live: lo senti a pelle se gli sta arrivando quello che stai creando e se è così loro te lo rimandano indietro.

Adesso siete passati anche alle canzoni in italiano … perché questo cambiamento? Volete essere più diretti con il pubblico, farvi capire meglio?

Cristiano: Si, per comunicare meglio, perché magari scrivendo in inglese ci sono meno possibilità di essere capiti. In italiano il testo arriva maggiormente, insieme alla musica, che però è la prima cosa che colpisce il pubblico. Poi ci sono dei pezzi che possono essere adattati in inglese e pezzi che possono essere adattati solo in italiano.

Come vedete l’attuale scena underground italiana?

Cristiano: C’è un’ottima scena: tipo Il Teatro degli orrori, gli Zen Circus ma anche gruppi minori che si stanno facendo strada.

Stefano: Purtroppo, a meno che un gruppo non arrivi ad essere conosciuto come, per esempio, Il Teatro degli Orrori, uno se li deve cercare i gruppi validi italiani, non li senti in radio, non li senti in giro.

Cristiano: E poi c’è anche il fatto che qui si suona poco in giro: qualche giovedì, il venerdì, il sabato. E non riguarda soltanto i gruppi emergenti ma anche gruppi underground conosciuti a livello nazionale.

Stefano: Il gruppo aumenta il pubblico che lo segue grazie alla sua “fama”, all’essere conosciuto, ma se uno non può suonare in giro come fa?

Cristiano: Non è tanto la “fama”, ma farsi conoscere.

Quindi non è facile la vita di un gruppo emergente nel Salento?

Cristiano: No, non è affatto facile. Anche se ci sono delle associazioni come il SUM ,che organizzano concerti, rassegne musicali e quant’altro e lo fanno senza avere un profitto, proprio perché c’è la passione. Ci sono delle cose ottime nel Salento, altre meno ottime.

Stefano: Devi darti da fare per cercare di porti degli obiettivi che ti possano far conoscere anche altrove. Il circuito dei locali, delle associazioni, degli eventi qua in Puglia è sempre quello, è questo il problema.

Infatti voi in tutti questi anni oltre ad esibirvi per i maggiori circoli, club e rassegne musicali locali (Kantieri Day, Giast music Contest, Novoli Summer fest…) , avete calcato anche palchi a Roma e Cremona, ad Aprile tornerete di nuovo a Roma per il festival Anime di carta. Questo  pubblico “diverso”come vi ha accolto? Com’è rispetto a quello pugliese?

Cristiano: Il pubblico ci ha accolti bene. La situazione più o meno è sempre la stessa solo che lì ci sono più locali che sono più adatti per i concerti.

Anticipazioni sul prossimo album?Che disco sarà?

Cristiano: Sarà un disco diverso dalla solita roba che facevamo noi. C’è appunto la novità dei pezzi in italiano. Musicalmente sarà “cazzuto” (ride)

Stefano: Cercheremo di dargli più caratteristiche possibili: pesante ma anche melodico, sperimentale.

Cristiano: Vogliamo sperimentare più generi sempre di matrice rock, mischiare un po’ di blues, un po’ di roba psichedelica. Penso sarà pronto a fine anno. Non è ancora sicuro.

Cosa state ascoltando ultimamente?

Cristiano: Parecchio blues, delta blues: Son House, Charlie Patton, John Lee Hooker, Blind Willie Johnson, Robert Johnson, Booker White.

Stefano:  Io ultimamente sto ascoltando The Suburbus degli Arcade Fire.

I prossimi concerti quando saranno?

Cristiano: Il 4 Marzo siamo al Lucky moment a Leporano, il 26 all’Olimpio Rock Cafè di Racale, il 30 al Kambusa rock bar di Monopoli e il 10 Aprile a Roma al Rising love per il festival Anime di carta.  Comunque per ogni aggiornamento si può visitare il nostro profilo Facebook o la nostra pagina Myspace: www.myspace.com/teenageriotband

Avete anche passato le prime selezioni dell’Italia Wave che quest’ anno si terrà proprio a Lecce. Che dirvi: in bocca al lupo!

Cristiano: Crepi, grazie mille!

 

 

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(Caterina Sabato)Ritornano i fratelli Coen e ritorna il western. America di frontiera, 1870. La quattordicenne Mattie Ross (Hailee Steinfeld ) vuole vendicare la morte del padre, ucciso a sangue freddo da un bandito. Per perseguire il suo obiettivo chiede aiuto allo spietato sceriffo Rooster Cogburn , “Il Grinta”(Jeff Bridges) e al texas ranger LaBouef (Matt Damon).

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(di Caterina Sabato)

Ieri sera, sette di febbraio, i Sotterranei di Copertino hanno inaugurato la nuova edizione di SUBTERRANEA – “Rassegna di musiche indipendenti” con lo scopo di presentare al pubblico salentino artisti nazionali e internazionali accomunati dalla ricerca nella musica contemporanea di proposte alternative e originali indipendenti dai circuiti industriali preconfezionati. La rassegna è stata inaugurata da Bologna Violenta, il progetto parallelo di Nicola Manzan, violinista e chitarrista del Teatro degli Orrori e sessionman dei Baustelle. Leggi il seguito di questo post »

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( di Ofelia Colaci) Come poter discutere di una band che vanta una discografia, anche se composta da soli tre album, che è un connubio fra invettiva e tecnica? I Band of  Horses sono giunti al loro ultimo album, Infinite Arms, che lascia quasi un senso di incompletezza rispetto agli album precedenti, “Everything all the time” e “Cease to begin” . Una band senza riserve, grandiosi anche nel loro pezzo più semplice, come per esempio “our swords” appartenente al loro primo album, un conglomerato di malinconia e colore i loro brani, impossibile non riuscire ad apprezzarli, ogni singola nota riesce a catturare nel profondo chi li ascolta, è forse questa una delle loro peculiarità. E se solitamente è il secondo album quello che potrebbe deludere il pubblico, nel loro caso è il terzo, che sembra quasi un rifacimento mal impostato di quel che hanno creato fino ad ora. L’album apre con “Factory” lasciando spazio ad ottime premesse, ritmi lenti e molto soffici, un pezzo che sembra più riflessivo, più maturo. Nonostante l’ottimo inizio seguono brani come “Laredo” , “Dilly”, che rispetto a quel che ci si aspetterebbe da una band del loro calibro sembrano quasi senza anima, non lasciano alcuna traccia del loro passaggio, ritmi strutturati quasi senza una sostanza, in ogni singolo brano sembra quasi non ci sia il minimo coinvolgimento, quanto  più si procede con l’ascolto, più un brano sembra simile all’altro, ritmi scoordinati fra loro, come se non avessero una loro unicità. Si contano veramente su una mano i pezzi che lasciano una forte impronta positiva  al resto, brani quali “Infinite Arms”, “On my way back home”, “Compliments” , che racchiudono la completezza di questa grandiosa band, sono brani che trascinano nel loro più profondo dalla prima nota fino all’ultima, a differenza di “Nw. Apt” o “Evening Kitchen” che sembrano solo di contorno, ascoltandoli sembrano perdere la loro musicalità, come se le varie parti dei brani fossero disconnesse l’un l’altra. Un lavoro non alla pari quindi “Infinite Arms” se paragonato ai due precedenti album,sembra quasi lo spettro della loro creatività.

(Caterina Sabato) Amerigo Verardi e Marco Ancona. La loro avventura comincia nel 2008 quando decidono di collaborare per la prima volta insieme in uno studio di registrazione. Il loro singolo Mano nella Mano conquista Manuel Agnelli, leader degli Afterhours,  che inserisce il pezzo nella compilation Il Paese è reale insieme ad altri singoli di importanti artisti dell’indie rock italiano. Prendono poi parte come opening-act ad alcune tappe del tour Voglio far qualcosa che serva- 2009. Il duo riscuote ovunque consensi.

Presto partono per un nuova serie di concerti per promuovere il loro primo album BOOTLEG – OLIANDO LA MACCHINA Live Tour 2009. L’album costituisce una sorta di souvenir del lungo tour d’esordio del duo iniziato nei primi mesi del 2009 e che sta continuando con numerose date in tutta Italia. Leggi il seguito di questo post »