Storie d’amore inventato, l’esordio letterario di Loredana De Vitis

Pubblicato: 16 settembre 2010 da uvl78 in Cultura e Tradizione, Curiosità, Le Buone Notizie
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Storie d’amore inventato è il titolo dell’esordio letterario di Loredana De Vitis, giornalista e scrittrice leccese di trentadue anni. Cinque brevi ed intensi racconti, “cinque storie sulle donne, sugli uomini, sulle donne e sugli uomini, sull’amore reale e l’amore inventato” come si legge nella descrizione del libro. Stile lineare, leggero, ma mai superficiale e banale, i racconti di Loredana De Vitis sono da leggere intensamente e tutto d’un fiato e da regalare a qualche amica femminista o a chi ancora avesse dei dubbi su quanto internet abbia modificato il nostro modo di curare le relazioni sociali – amorose, amicali e professionali. LaNostraWebTv ha intervistato Loredana De Vitis e vi presenta anche il booktrailer di Storie d’amore inventato. Vi segnaliamo, inoltre, il sito dell’autrice: www.loredanadevitis.it.

Partiamo da una domanda scomoda. Normalmente le pubblicazioni autofinanziate subiscono la critica di essere letteratura di basso livello. Un recente studio ripreso dal settimanale Io Donna del Corriere della Sera dimostra come in questi casi i lettori siano pochissimi – si parla mediamente di 14 lettori a testa. Come rispondi a queste critiche? Perchè hai deciso per questo tipo di pubblicazione?

Voglio rispondere a questa domanda parlando soltanto di me. Ho scelto l’autoproduzione prima di tutto perché sono pigra. Non avevo voglia di questuare di editore in editore, bussare a porte, cercare di raggiungere scrivanie, non avere risposte o averne di sgarbate. Tutte cose che amiche e amici che scrivono saggi, romanzi, racconti, poesie e altro mi raccontano da anni. Inoltre, molti editori chiedono un contributo economico più o meno rilevante e “ripagano” magari solo in un piccolo quantitativo di copie, senza occuparsi accuratamente della distribuzione e della promozione. Non voglio generalizzare, dico solo che ho fatto una scelta trasparente: potenziali lettori e lettrici sanno fin dall’inizio che investo su di me completamente. La valutazione complessiva la lascio a loro, il mio “livello” mi interessa giudicato in questi termini. Il secondo motivo della scelta è in questo: ho investito per anni e investo ancora nelle potenzialità dei “gruppi”, delle produzioni “dal basso”. Credo nelle persone, e nelle persone che assieme sognano. Ho lavorato (praticamente gratis, lo dico per sottolineare l’investimento intellettuale ed emotivo) per diversi progetti di questo genere: per esempio in campo musicale, politico e comunicativo. Le statistiche mi interessano poco, mi interessano le storie. In particolare quelle che raccontano i successi di chi è partito da solo ed è arrivato lontano. Confido che i miei lettori e lettrici saranno più di 14.

Hai scelto anche una forma di pubblicità originale: un booktrailer con alcuni amici che parlano del tuo libro. Come mai hai optato per questa soluzione? Con quale criterio hai scelto i protagonisti del video?

Di booktrailer non se ne vedono molti, ma è solo questione di tempo. È una forma contemporanea ed economica di promozione. E poi mi sono divertita. Persone che hanno letto in anteprima i racconti hanno accettato di parlarne, senza una sceneggiatura stabilita. Davanti a una camera di fortuna mi hanno raccontato le proprie impressioni. Il resto – sequenze, montaggio – l’ho inventato nel dormiveglia, e in post-produzione ho avuto un tecnico in gamba che ha capito ciò che desideravo. Non ho adottato un vero e proprio criterio nella scelta delle persone, ho lasciato che le cose venissero da sé, non so se ci credi. Anche con te, Ubaldo, è andata così. Te l’ho chiesto e mi hai detto di sì. Ecco: potrei dire che si tratta di persone che hanno raccolto una palla, hanno giocato con me. Altri mi hanno detto di no.

Leggendo i tuoi racconti si ha l’impressione che “trasudino” femminismo. Ti piace che sia così? O la ritieni una limitazione?

Questa tua valutazione mi diverte molto, i termini “mi piace” o “non mi piace” riferito a questo aspetto non sono nel mio orizzonte. Chi mi conosce mi definisce femminista per la mia pratica, per i miei pensieri, le mie scritture “politiche” che dopo anni sono arrivate all’Udi (Unione donne in Italia). Mi pare un gran complimento e in nessun modo una limitazione. Io scrivo senza intenzioni, senza scopi reconditi, senza ideologie. Scrivo cose su cui ho riflettuto sì, ma soprattutto racconto persone, me stessa per prima. Tante donne mi sono vicine, tantissime non si dicono femministe e mi confidano di sentirsi rappresentate dalle cose che scrivo. Tanti uomini si dicono divertiti, intrigati, e mi raccontano pensieri ed esperienze.

Usi un linguaggio molto moderno ed in questo senso sono racconti di una società post-moderna. Leggendoli ho avvertito che rispecchiano, anche con la scrittura fatta di frasi molto brevi, una società frenetica, sempre di corsa e sempre alla ricerca di qualcosa di non sempre ben definito, mai paga di ciò che si ha. Concordi con questa chiave di lettura?

Spero proprio di non riflettere alcunché, tantomeno la frenesia. Sono semplicemente più a mio agio nell’uso delle frasi brevi, che iniziano e finiscono, che non danno modo di distrarti. Le parole-parole-parole sono quelle che si accavallano in televisione, che ti fagocitano, che ti travolgono, che ti confondono, da cui alla fine vuoi solo scappare, come in certi dibattiti (mediatici o meno) dove non si capisce bene dove si andrà a parare. Anche quando parlo con le persone chiedo spesso: “Cosa vuoi dire esattamente? Non girarci intorno. Cosa vuoi?”. I racconti sono brevi, brevissimi. Immaginati affaccendato in mille cose e a un certo punto un “buh!”, che ti colpisce. E che ti fa fermare. Credo nel potere della parola e nella potenza dell’ironia.

Quanto sono autobiografici i tuoi racconti?

Pochissimo. Ci sono cose vissute da me o da altre donne e altri uomini, ma l’invenzione è nettamente prevalente. La mia vita e quella delle persone che vedo, ascolto, frequento è stimolo. Come sempre in chi esercita una qualche forma di creatività.

Quando scrive Loredana De Vitis? Di cosa ha bisogno per scrivere?

Di molti stimoli, ma non so mai quali saranno veramente utili di volta in volta. Prendo quasi tutti i giorni e tutto il giorno appunti: cose che leggo, che ascolto, che osservo, che mangio, che annuso, che tocco. Faccio foto, registro suoni. La borsa insomma pesa troppo!

Una sera a cena da un’amica ho avuto una terribile crisi: le ho chiesto ‘subito-subito’ un foglio. A tavola c’erano altre cinque, sei persone. Non so, magari per lei è stato imbarazzante. Ho scritto una ventina di righe di getto. Dopo qualche settimana ci ho lavorato sopra. Non sono sistematica, non posso esserlo. Scrivo così, e proprio mi piace, nel senso che mi piace fisicamente il gesto della scrittura, a mano e al computer. Sono gratificata da una penna che scorre bene, da un tipo di carta che ha un buon odore e un bel colore e che si lascia sporcare facilmente dall’inchiostro, da una tastiera che non fa resistenza e i cui tasti fanno un bel suono.

A me ha impressionato molto lo stile: mai sopra le righe, aggettivi al posto giusto e proprietà di linguaggio. Quali sono i tuoi modelli letterari di riferimento?

Ho iniziato facendo la giornalista di cronaca e questo certamente mi ha molto influenzato. Ho amato e studiato la filosofia. Sulla strada ci sono poi Virginia Woolf, Isabelle Allende, i Beatles, Tamara de Lempicka, Carla Lonzi, Blade Runner, Il Signore degli Anelli, William Shakespeare, internet, treni e aerei, alcune città, l’Udi, donne profondissime, uomini interessanti, e anche fumetti, Harry Potter, la fascinazione inspiegabile per il Giappone e il bisogno di produrre con le mani: ceramica, cibo, disegni, oggetti, progetti. Amo mescolare ogni cosa, tagliare-incollare, fotografare ed elaborare, imparare da chiunque sia disposto a insegnare. Ho risposto alla domanda?

Qual’è l’ultimo libro che hai letto e quale stai leggendo ora?

Leggo due, tre libri alla volta: nelle scorse settimane ho letto da cima a fondo“Frida Kahlo” di Rauda Jamis e “La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita” di Philippe Delerm. Altri testi iniziati in contemporanea sono ancora sul comodino: “La Papessa” di Donna Woolfolk Cross e alcune biografie di Artemisia Gentileschi (tra cui quella di Anna Banti). Adesso, però, mi sono avventurata nella rilettura di alcuni scritti di Carla Lonzi e, grazie a un sorprendente regalo, dell’Odissea. Letture bellissime, impegnative. Ho perciò mollato tutto il resto, ho ripreso penna, matita e quaderno. Mi sono rimessa a studiare.

Hai già in cantiere un nuovo progetto? Sarà un nuovo romanzo o ancora una serie di racconti?

Ne ho tre. Il primo spero veda la luce molto presto: una mostra che indaga ironicamente il rapporto delle donne con il proprio corpo in relazione agli stereotipi della bellezza. Tavole di testi illustrati con foto e giochi simili al collage. Per gli altri due ho bisogno di più tempo: il primo è qualcosa di simile a un lungo racconto, che sto scrivendo appositamente per essere diffuso gratuitamente con licenza creative commons; il secondo è un romanzo, sì. Anche questa volta, però, sarò breve. Per davvero!

Il libro è acquistabile, su richiesta, in tutte le librerie Feltrinelli o su www.ilmiolibro.kataweb.it e www.lafeltrinelli.it

A cura di UVL

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